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DSC: il rispetto della dignità della persona

Con questo post proseguiamo nella serie di articoli che trattano dei principi di base della dottrina sociale della Chiesa (DSC). Con questi scritti non si intende fare un’analisi dettagliata delle varie encicliche sociali né si vuole spiegare l’intera dottrina. Lo scopo di questa serie di post è fornire i principi fondamentali per poter poi comprendere sia le ragioni del distributismo, sia le modalità seguite nei vari casi di studio, primo tra tutti quello della Mondragón Corporation, ma non solo.

I contenuti di questa serie di post, di cui questo è il nono ed ultimo, sono tratti dal “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa” nell’edizione 2005, seconda ristampa del 2016, della Libreria Editrice Vaticana. Il testo può essere acquistato in libreria o consultato liberamente sul Web al link del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

In particolare, seguiremo alcuni dei contenuti del capitolo terzo, intitolato “La Persona Umana e i Suoi Diritti”.

Per il primo post di questa serie si veda a questo link.

In questo articolo parleremo della dignità della persona e della necessità di rispettarla.  

Essendo un argomento molto vasto che, praticamente, copre l’intero capitolo terzo, tratteremo solo l’aspetto legato alla necessità del rispetto della dignità umana. I numeri trattati in questo post vanno dal 132 al 134 e poi dal 144 al 148 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Si suggerisce, comunque, la lettura dell’intero terzo capitolo per comprendere meglio l’intero impianto della DSC sulla dignità della persona, lettura che non facciamo in questa serie di post per ragioni di focalizzazione sui soli principi.

Il Rispetto della Dignità Umana

Il rispetto della dignità umana è il fondamento della giustizia di una società, come chiaramente espresso al numero 132: “Una società giusta può essere realizzata soltanto nel rispetto della dignità trascendente della persona umana. Essa rappresenta il fine ultimo della società, la quale è ad essa ordinata: «Pertanto l’ordine sociale e il suo progresso devono sempre far prevalere il bene delle persone, perché l’ordine delle cose dev’essere adeguato all’ordine delle persone e non viceversa». Il rispetto della dignità umana non può assolutamente prescindere dal rispetto di questo principio: bisogna «considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro sé stesso, tenendo conto prima di tutto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente». Occorre che tutti i programmi sociali, scientifici e culturali, siano presieduti dalla consapevolezza del primato di ogni essere umano.

Tale rispetto si concretizza in un divieto di strumentalizzazione della persona, come esplicitamente descritto al numero 133: “In nessun caso la persona umana può essere strumentalizzata per fini estranei al suo stesso sviluppo, che può trovare compimento pieno e definitivo soltanto in Dio e nel Suo progetto salvifico: l’uomo, infatti, nella sua interiorità, trascende l’universo ed è l’unica creatura ad essere stata voluta da Dio per se stessa. Per questa ragione né la sua vita, né lo sviluppo del suo pensiero, né i suoi beni, né quanti condividono la sua vicenda personale e familiare, possono essere sottoposti a ingiuste restrizioni nell’esercizio dei propri diritti e della propria libertà.

La persona non può essere finalizzata a progetti di carattere economico, sociale e politico imposti da qualsivoglia autorità, sia pure in nome di presunti progressi della comunità civile nel suo insieme o di altre persone, nel presente o nel futuro. È necessario, pertanto, che le autorità pubbliche vigilino con attenzione, affinché ogni restrizione della libertà o comunque ogni onere imposto all’agire personale non sia mai lesivo della dignità personale e affinché venga garantita l’effettiva praticabilità dei diritti umani. Tutto questo, ancora una volta, si fonda sulla visione dell’uomo come persona, vale a dire come soggetto attivo e responsabile del proprio processo di crescita, insieme alla comunità di cui è parte.

Quindi il focus si sposta sul cambiare la società solo attraverso i cambiamenti del comportamento delle persone. Al numero 134, infatti, viene spiegato chiaramente che : “Gli autentici mutamenti sociali sono effettivi e duraturi soltanto se fondati su decisi cambiamenti della condotta personale. Non sarà mai possibile un’autentica moralizzazione della vita sociale, se non a partire dalle persone e facendo riferimento ad esse: infatti, “l’esercizio della vita morale attesta la dignità della persona”. Alle persone compete evidentemente lo sviluppo di quegli atteggiamenti morali, fondamentali in ogni convivenza che voglia dirsi veramente umana (giustizia, onestà, veracità, ecc.), che in nessun modo potrà essere semplicemente attesa da altri o delegata alle istituzioni. A tutti, e in modo particolare a coloro che in varia forma detengono responsabilità politiche, giuridiche o professionali nei riguardi di altri, spetta di essere coscienza vigile della società e per primi testimoni di una convivenza civile e degna dell’uomo.

L’Uguaglianza in Dignità di Tutte le Persone: maschio e femmina

In questa sezione vediamo i punti della DSC che, partendo da altri documenti e dal Nuovo Testamento, fanno riferimento all’uguaglianza in dignità tra uomo e donna. Questo discorso si sviluppa nel dettaglio tra i numeri 144 e 147, riportati di seguito.

Al numero 144: ““Dio non fa preferenze di persone” (At 10,34; cfr. Rm 2,11; Gal 2,6; Ef 6,9), poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza. L’Incarnazione del Figlio di Dio manifesta l’uguaglianza di tutte le persone quanto a dignità: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28; cfr. Rm 10,12; 1 Cor 12,13; Col 3,11).

Poiché sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignità di ogni uomo davanti a Dio sta a fondamento della dignità dell’uomo davanti agli altri uomini. Questo è, inoltre, il fondamento ultimo della radicale uguaglianza e fraternità fra gli uomini, indipendentemente dalla loro razza, Nazione, sesso, origine, cultura, classe.”

Al 145: “Solo il riconoscimento della dignità umana può rendere possibile la crescita comune e personale di tutti (cfr. Gc 2,1-9). Per favorire una simile crescita è necessario, in particolare, sostenere gli ultimi, assicurare effettivamente condizioni di pari opportunità tra uomo e donna, garantire un’obiettiva eguaglianza tra le diverse classi sociali davanti alla legge.

Anche nei rapporti tra popoli e Stati, condizioni di equità e di parità sono il presupposto per un autentico progresso della comunità internazionale. Malgrado gli avanzamenti verso tale direzione, non bisogna dimenticare che esistono ancora molte disuguaglianze e forme di dipendenza.

A un’uguaglianza nel riconoscimento della dignità di ciascun uomo e di ciascun popolo, deve corrispondere la consapevolezza che la dignità umana potrà essere custodita e promossa soltanto in forma comunitaria, da parte dell’umanità intera. Soltanto con l’azione concorde di uomini e di popoli sinceramente interessati al bene di tutti gli altri, si può raggiungere un’autentica fratellanza universale; viceversa, il permanere di condizioni di gravissima disparità e disuguaglianza impoverisce tutti.

Al numero 146: “Il “maschile” e il “femminile” differenziano due individui di uguale dignità, che non riflettono però un’uguaglianza statica, perché lo specifico femminile è diverso dallo specifico maschile e questa diversità nell’uguaglianza è arricchente e indispensabile per un’armoniosa convivenza umana: “La condizione per assicurare la giusta presenza della donna nella Chiesa e nella società è una considerazione più penetrante e accurata dei fondamenti antropologici della condizione maschile e femminile, destinata a precisare l’identità personale propria della donna nel suo rapporto di diversità e di reciproca complementarità con l’uomo, non solo per quanto riguarda i ruoli da tenere e le funzioni da svolgere, ma anche e più profondamente per quanto riguarda la sua struttura e il suo significato personale”.

Al numero 147: “La donna è il complemento dell’uomo, come l’uomo è il complemento della donna: donna e uomo si completano a vicenda, non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma anche ontologico. È soltanto grazie alla dualità del “maschile” e del “femminile” che l’“umano” si realizza appieno. È “l’unità dei due”, ossia una “unidualità” relazionale, che consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono che è al tempo stesso una missione: “A questa “unità dei due” è affidata da Dio non soltanto l’opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia”. “La donna è “aiuto” per l’uomo, come l’uomo è “aiuto” per la donna!”: nel loro incontro si realizza una concezione unitaria della persona umana, basata non sulla logica dell’egocentrismo e dell’autoaffermazione, ma su quella dell’amore e della solidarietà.

L’Uguaglianza in Dignità di Tutte le Persone: le persone portatrici di handicap

Infine, al numero 148: “Le persone handicappate sono soggetti pienamente umani, titolari di diritti e doveri: “pur con le limitazioni e le sofferenze inscritte nel loro corpo e nelle loro facoltà, pongono in maggior rilievo la dignità e la grandezza dell’uomo”. Poiché la persona portatrice di handicap è un soggetto con tutti i suoi diritti, essa deve essere aiutata a partecipare alla vita familiare e sociale in tutte le dimensioni e a tutti i livelli accessibili alle sue possibilità.

Bisogna promuovere con misure efficaci ed appropriate i diritti della persona handicappata: “Sarebbe radicalmente indegno dell’uomo, e negazione della comune umanità, ammettere alla vita della società, e dunque al lavoro, solo i membri pienamente funzionali perché, così facendo, si ricadrebbe in una grave forma di discriminazione, quella dei forti e dei sani contro i deboli ed i malati”. Una grande attenzione dovrà essere rivolta non solo alle condizioni di lavoro fisiche e psicologiche, alla giusta rimunerazione, alla possibilità di promozioni ed all’eliminazione dei diversi ostacoli, ma anche alle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata: “Anch’essa ha bisogno di amare e di essere amata, ha bisogno di tenerezza, di vicinanza, di intimità”, secondo le proprie possibilità e nel rispetto dell’ordine morale, che è lo stesso per i sani e per coloro che portano un handicap.

Conclusioni finali

Con questo post terminiamo la serie sui Principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Il nostro consiglio è di leggere questi post uno ad uno, possibilmente in famiglia o in gruppo, e di parlarne e commentarne.

Un sito di riferimento per questi temi è certamente l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan che vi invitiamo a visitare, essendo ricchissimo di spunti e altamente qualificato.

Credits: Photo by Dave Lowe on Unsplash

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