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DSC: il principio del Bene Comune

Con questo post proseguiamo nella serie di articoli che trattano dei principi di base della dottrina sociale della Chiesa (DSC). Con questi scritti non si intende fare un’analisi dettagliata delle varie encicliche sociali né si vuole spiegare l’intera dottrina. Lo scopo di questa serie di post è fornire i principi fondamentali per poter poi comprendere sia le ragioni del distributismo, sia le modalità seguite nei vari casi di studio, primo tra tutti quello della Mondragón Corporation, ma non solo.

I contenuti di questa serie di post, di cui questo è il secondo, sono tratti dal “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa” nell’edizione 2005, seconda ristampa del 2016, della Libreria Editrice Vaticana. Il testo può essere acquistato in libreria o consultato liberamente sul Web al link del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

In particolare, seguiremo i contenuti del capitolo quarto, intitolato “I Principi della Dottrina Sociale della Chiesa”.

Per il primo post di questa serie si vada a questo link.

In questo articolo parleremo del principio del Bene Comune. Sebbene, nel precedente post, abbiamo enunciato per primo il principio della Dignità della Persona, da cui discendono tutti gli altri, per varie ragioni analizzeremo prima i tre principi “secondari”, ossia Solidarietà, Sussidiarietà e Bene Comune, lasciando per ultimo quello “primario”.

I numeri trattati in questo post vanno dal 164 al 170 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa ma il discorso proseguirà con un altro post sulla Destinazione Universale dei Beni.

Il principio del Bene Comune è molto importante e discende, come già detto, direttamente dal principio di Dignità della Persona.

Una prima definizione di Bene Comune riportata dal Compendio è «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente». (164)

Il Compendio prosegue specificando che “Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro”. (164)

Di conseguenza, se una società vuole essere al servizio dell’essere umano, deve avere come priorità il Bene Comune. Ma come declinare tale Bene Comune dipende dal contesto storico e sociale in cui deve essere applicato. In ogni caso, le esigenze del Bene Comune sono “strettamente connesse al rispetto e alla promozione integrale della persona e dei suoi diritti fondamentali” (166).

Al numero 167, il Compendio sottolinea che “Il bene comune impegna tutti i membri della società: nessuno è esentato dal collaborare, a seconda delle proprie capacità, al suo raggiungimento e al suo sviluppo. Il bene comune esige di essere servito pienamente, non secondo visioni riduttive subordinate ai vantaggi di parte che se ne possono ricavare, ma in base a una logica che tende alla più larga assunzione di responsabilità. Il bene comune è conseguente alle più elevate inclinazioni dell’uomo, ma è un bene arduo da raggiungere, perché richiede la capacità e la ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio”.

Vogliamo sottolineare quest’ultimo passaggio “è un bene arduo da raggiungere, perché richiede la capacità e la ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio”.

Di conseguenza il Bene Comune non si ottiene casualmente o come somma di forze spontanee ma è il risultato di uno sforzo volontario mirato e coordinato.

Tale risultato non è però solo responsabilità dei singoli individui: “La responsabilità di conseguire il bene comune compete, oltre che alle singole persone, anche allo Stato, poiché il bene comune è la ragion d’essere dell’autorità politica”. (168)

Infine, al 170, troviamo: “Il bene comune della società non è un fine a sé stante; esso ha valore solo in riferimento al raggiungimento dei fini ultimi della persona e al bene comune universale dell’intera creazione”.

Concludiamo le citazioni con il 165 del Compendio della DSC che afferma: “Una società che, a tutti i livelli, vuole intenzionalmente rimanere al servizio dell’essere umano è quella che si propone come meta prioritaria il bene comune, in quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo.

La persona non può trovare compimento solo in sé stessa, a prescindere cioè dal suo essere «con» e «per» gli altri.

Tale verità le impone non una semplice convivenza ai vari livelli della vita sociale e relazionale, ma la ricerca senza posa, in forma pratica e non soltanto ideale, del bene ovvero del senso e della verità rintracciabili nelle forme di vita sociale esistenti.

Nessuna forma espressiva della socialità — dalla famiglia, al gruppo sociale intermedio, all’associazione, all’impresa di carattere economico, alla città, alla regione, allo Stato, fino alla comunità dei popoli e delle Nazioni — può eludere l’interrogativo circa il proprio bene comune, che è costitutivo del suo significato e autentica ragion d’essere della sua stessa sussistenza.

In pratica, il Bene Comune (continuiamo ad usare le maiuscole per evidenziare il termine) è un requisito essenziale di qualsiasi società che voglia essere veramente centrata sulla persona (al di là di favole umanistiche di vario tipo che vengono di continuo riproposte da affabulatori di vario genere).

E il suo raggiungimento richiede un impegno rilevante e continuo, di tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità. Esso è un fatto culturale che contraddistingue un’etica ben precisa e deve essere insegnato e ricordato a tutti i livelli

Il Bene Comune colpisce alla radice il divide et impera che sta flagellando le nostre società, riportando il comportamento sociale verso un principio di unione, allontanandolo da quello di divisorio di frammentazione.

Il Bene Comune implica una continua percezione di ogni altro e una valutazione costante del suo bene come correlato al nostro.

Una conseguenza del Bene Comune è il principio di Destinazione Universale dei Beni che affronteremo nel prossimo post.

Intanto, come esercizio per migliorarci, cominciamo a pensare a quello che abbiamo fatto e vediamo se ha concorso al bene comune o meno. In pratica, chiediamoci: “La mia azione X ha reso il mondo un posto migliore o no? E lo ha fatto perché io ne ero cosciente oppure è accaduto per caso?”.

E leggiamo pure i punti dal 164 al 170 del Compendio perché ci sono moltissime cose interessanti su cui riflettere e che non abbiamo riportato qui per semplicità.

Un sito di riferimento per questi temi è certamente l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan che vi invitiamo a visitare, essendo ricchissimo di spunti e altamente qualificato.

Credits: Photo by Tim Marshall on Unsplash

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