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DSC: il principio di Sussidiarietà

Con questo post proseguiamo nella serie di articoli che trattano dei principi di base della dottrina sociale della Chiesa (DSC). Con questi scritti non si intende fare un’analisi dettagliata delle varie encicliche sociali né si vuole spiegare l’intera dottrina. Lo scopo di questa serie di post è fornire i principi fondamentali per poter poi comprendere sia le ragioni del distributismo, sia le modalità seguite nei vari casi di studio, primo tra tutti quello della Mondragón Corporation, ma non solo.

I contenuti di questa serie di post, di cui questo è il quarto, sono tratti dal “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa” nell’edizione 2005, seconda ristampa del 2016, della Libreria Editrice Vaticana. Il testo può essere acquistato in libreria o consultato liberamente sul Web al link del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

In particolare, seguiremo i contenuti del capitolo quarto, intitolato “I Principi della Dottrina Sociale della Chiesa”.

Per il primo post di questa serie si veda a questo link.

In questo articolo parleremo del principio di Sussidiarietà.

I numeri trattati in questo post vanno dal 185 al 188 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e saranno seguiti da un altro post su un’importante conseguenza di questo principio, che è la Partecipazione.

Per capire il principio di Sussidiarietà riportiamo il numero 185 per intero: “La sussidiarietà è tra le più costanti e caratteristiche direttive della dottrina sociale della Chiesa, presente fin dalla prima grande enciclica sociale. È impossibile promuovere la dignità della persona se non prendendosi cura della famiglia, dei gruppi, delle associazioni, delle realtà territoriali locali, in breve, di quelle espressioni aggregative di tipo economico, sociale, culturale, sportivo, ricreativo, professionale, politico, alle quali le persone danno spontaneamente vita e che rendono loro possibile una effettiva crescita sociale. È questo l’ambito della società civile, intesa come l’insieme dei rapporti tra individui e tra società intermedie, che si realizzano in forma originaria e grazie alla «soggettività creativa del cittadino». La rete di questi rapporti innerva il tessuto sociale e costituisce la base di una vera comunità di persone, rendendo possibile il riconoscimento di forme più elevate di socialità.”

In pratica, il principio di Sussidiarietà è importantissimo come spiegato al numero 186: “Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle.”

Sempre al 186 si capisce l’origine del nome, oltre ad ottenere ulteriori dettagli sulla Sussidiarietà: “In base a tale principio, tutte le società di ordine superiore devono porsi in atteggiamento di aiuto («subsidium») — quindi di sostegno, promozione, sviluppo — rispetto alle minori. In tal modo, i corpi sociali intermedi possono adeguatamente svolgere le funzioni che loro competono, senza doverle cedere ingiustamente ad altre aggregazioni sociali di livello superiore, dalle quali finirebbero per essere assorbiti e sostituiti e per vedersi negata, alla fine, dignità propria e spazio vitale.”

Molto importante è il fatto che la Sussidiarietà non prevede solo un aspetto di libertà di azione (definito nel Compendio come “positivo”) ma anche un aspetto di limitazione dell’azione (definito, sempre nel Compendio, come “negativo”). Sempre al 186 si legge, infatti che “Alla sussidiarietà intesa in senso positivo, come aiuto economico, istituzionale, legislativo offerto alle entità sociali più piccole, corrisponde una serie di implicazioni in negativo, che impongono allo Stato di astenersi da quanto restringerebbe, di fatto, lo spazio vitale delle cellule minori ed essenziali della società. La loro iniziativa, libertà e responsabilità non devono essere soppiantate.”.

Più concretamente, al 187 viene spiegato il senso pratico della Sussidiarietà, cioè che “Il principio di sussidiarietà protegge le persone dagli abusi delle istanze sociali superiori e sollecita queste ultime ad aiutare i singoli individui e i corpi intermedi a sviluppare i loro compiti. Questo principio si impone perché ogni persona, famiglia e corpo intermedio ha qualcosa di originale da offrire alla comunità. L’esperienza attesta che la negazione della sussidiarietà, o la sua limitazione in nome di una pretesa democratizzazione o uguaglianza di tutti nella società, limita e talvolta anche annulla lo spirito di libertà e di iniziativa.”.

Come conseguenza di tale impatto nella pratica, si ha che alcune forme organizzative e alcuni comportamenti sono da considerarsi errati. Ad esempio, sempre al 187: “Con il principio della sussidiarietà contrastano forme di accentramento, di burocratizzazione, di assistenzialismo, di presenza ingiustificata ed eccessiva dello Stato e dell’apparato pubblico: «Intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società, lo Stato assistenziale provoca la perdita di energie umane e l’aumento esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese». Il mancato o inadeguato riconoscimento dell’iniziativa privata, anche economica, e della sua funzione pubblica, nonché i monopoli, concorrono a mortificare il principio della sussidiarietà.”.

Altre forme organizzative e comportamenti sono invece da attuarsi per realizzare la Sussidiarietà nella realtà: “All’attuazione del principio di sussidiarietà corrispondono: il rispetto e la promozione effettiva del primato della persona e della famiglia; la valorizzazione delle associazioni e delle organizzazioni intermedie, nelle proprie scelte fondamentali e in tutte quelle che non possono essere delegate o assunte da altri; l’incoraggiamento offerto all’iniziativa privata, in modo tale che ogni organismo sociale rimanga a servizio, con le proprie peculiarità, del bene comune; l’articolazione pluralistica della società e la rappresentanza delle sue forze vitali; la salvaguardia dei diritti umani e delle minoranze; il decentramento burocratico e amministrativo; l’equilibrio tra la sfera pubblica e quella privata, con il conseguente riconoscimento della funzione sociale del privato; un’adeguata responsabilizzazione del cittadino nel suo «essere parte» attiva della realtà politica e sociale del Paese.”. (187)

Come si sarà compreso leggendo quanto riportato finora, il principio di Sussidiarietà sancisce che se qualcuno è in grado di fare qualcosa da solo, allora deve essere messo nelle condizioni di poterlo fare.

Questo principio è molto forte ma prevede la possibilità di temporanee violazioni.

Ad esempio, al 188, viene precisato che “Diverse circostanze possono consigliare che lo Stato eserciti una funzione di supplenza. Si pensi, ad esempio, alle situazioni in cui è necessario che lo Stato stesso promuova l’economia, a causa dell’impossibilità per la società civile di assumere autonomamente l’iniziativa; si pensi anche alle realtà di grave squilibrio e ingiustizia sociale, in cui solo l’intervento pubblico può creare condizioni di maggiore eguaglianza, di giustizia e di pace. Alla luce del principio di sussidiarietà, tuttavia, questa supplenza istituzionale non deve prolungarsi ed estendersi oltre lo stretto necessario, dal momento che trova giustificazione soltanto nell’eccezionalità della situazione. In ogni caso, il bene comune correttamente inteso, le cui esigenze non dovranno in alcun modo essere in contrasto con la tutela e la promozione del primato della persona e delle sue principali espressioni sociali, dovrà rimanere il criterio di discernimento circa l’applicazione del principio di sussidiarietà.”.

In quest’ultimo punto emerge, di nuovo, come nel caso della destinazione universale dei beni, la necessità di trovare un punto di equilibrio. Come si può notare, nel Compendio si evidenzia l’importanza di considerare, nell’applicazione della Sussidiarietà, l’impatto sul Bene Comune. In pratica, come abbiamo già osservato sin dal primo post di questa serie, i principi della DSC non sono tra loro indipendenti, ma sono strettamente connessi e bisogna, costantemente, tenere conto di tali connessioni.

Concludiamo questo post invitando tutti, come sempre, a leggere i numeri dal 185 al 188 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (anche se stavolta li abbiamo riportati quasi per intero …) e a riflettere sul principio di Sussidiarietà e, in preparazione del prossimo post, sulla sua implicazione che è nota nella DSC come “Partecipazione”.

Un sito di riferimento per questi temi è certamente l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan che vi invitiamo a visitare, essendo ricchissimo di spunti e altamente qualificato.

Credits: Photo by Baby Natur on Unsplash

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