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Per interposta persona

Molto spesso mi sento dire “pregherò per te”, “ti ricorderò nelle mie preghiere”. E molto spesso mi capita di dirlo a qualcun altro.

Esistono molte varianti ma, alla fine della fiera, cosa significano queste espressioni?

Al riguardo Gustave Thibon (il filosofo-pensatore francese, detto “il filosofo contadino”) ha scritto: «Pregherò per te. Ho mai udito parola umana che giunga da più lontano? Giunge dalla confluenza di Dio e dell’uomo. Tu rispondi di me davanti a Colui che è tutto e che è anche me stesso. La preghiera per il prossimo è come un aspetto inverso del martirio: la preghiera fa dell’uomo che prega un testimonio, la cauzione di un altro uomo davanti a Dio. Sei più vicino a me di quanto lo sia io stesso, perché sei tra Dio e me. Sei come un baluardo innalzato contro la sua giustizia e un varco aperto sul suo amore. Nel cuore della dolce e mortale lotta tra l’uomo e la sua fonte, tu combatti al mio posto. Il tuo amore temerario si è infiltrato nella scissura stessa che mi separa dal centro, nel vuoto scavato dalla mia ribellione e dalla mia viltà. Tra quali pietre hai posto la tua anima! Sembri volgermi il dorso e invece il tuo volto è esposto, per me, ai colpi diretti, ai richiami dell’ignoto; non mi parli, ma parli di me al silenzio. Pregare per qualcuno è come aderire, al tempo stesso, a Dio e all’uomo, è come realizzare il perfetto equilibrio tra questi due amori».

In questa dolcissima e profondissima riflessione, “le philosophe-paysan” descrive quella che si chiama, più precisamente, la preghiera di intercessione.

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica definisce le forme di preghiera cristiana come segue:

550. Quali sono le forme essenziali della preghiera cristiana? Sono la benedizione e l’adorazione, la preghiera di domanda e l’intercessione, il ringraziamento e la lode. L’Eucaristia contiene ed esprime tutte le forme di preghiera. (2643-2644)

Per la preghiera di intercessione, sempre il Compendio, aggiunge:

554. In cosa consiste l’intercessione? L’intercessione consiste nel chiedere in favore di un altro. Essa ci conforma e ci unisce alla preghiera di Gesù, che intercede presso il Padre per tutti gli uomini, in particolare per i peccatori. L’intercessione deve estendersi anche ai nemici. (2634-2636, 2647)

Certo, quando leggo il Compendio non ritrovo la poesia e l’emozione di Thibon. Però le parole scarne e impassibili del Compendio, se lette come leggeremmo una lettera da una persona amata, si rivelano bellissime e, soprattutto, ci toccano nelle corde più profonde.

Intanto il Compendio ci sottolinea che l’intercessione è una delle forme essenziali della preghiera. E viene presentata in coppia con la preghiera di domanda. Quella “e” che congiunge “la preghiera di domanda e l’intercessione” ci vuole dire che le due preghiere sono legate. In effetti, la preghiera di intercessione è una preghiera di domanda molto particolare, perché si chiede in favore di un altro, ossia si domanda “conto terzi”, come direbbe un ragioniere.

Vi chiederete cosa c’entri un ragioniere. La risposta è semplice: non c’entra nulla. La preghiera d’intercessione non richiede una contabilità precisa (tanto prego io per te tanto tu preghi per me) ma, al contrario, richiede solo di pregare per un altro, senza contare, senza stancarsi, senza posa, direbbe il nostro amato Pellegrino Russo.

Ma è al 554 che arrivano i pezzi forti. Intanto chiedere in favore di un altro. E qui abbiamo due casi: chiedo l’intercessione, ad esempio, di un santo o della Madonna, ma questa non è una “nostra” preghiera di intercessione. Questa è una preghiera di domanda (nostra) al santo o a Maria che “intercedono”, cioè pregano per noi (o per un altro ancora). E allora possiamo anche avere una preghiera d’intercessione che passa per l’intercessione di un santo. Ad esempio, quando chiediamo a quel santo o a Maria di pregare per un’altra persona. Quindi anche la preghiera di domanda, se fatta perché il santo interceda per un altro, diviene preghiera di intercessione.

In questa preghiera per tramite dei santi, noi “sfruttiamo” l’influenza che costoro hanno presso Dio per impetrare una grazia per noi (preghiera di domanda) o per altri (preghiera di intercessione).

L’altro caso, invece, riguarda quando noi, direttamente, ci rivolgiamo a Dio per pregare per un altro.

Su questo il Compendio  continua dicendo che la preghiera di intercessione ci conforma e ci unisce alla preghiera di Gesù, che intercede presso il Padre per tutti gli uomini, in particolare per i peccatori. Quindi con la preghiera di intercessione diventiamo ancor più seguaci di Cristo in quanto ripetiamo il suo gesto di pregare per gli altri (e il Vangelo è pieno di questi casi).

Ma, sempre al 554, dopo aver sottolineato la preghiera particolare per i peccatori, il Compendio ci ricorda che “l’intercessione deve estendersi anche ai nemici”.

Deve.

Dice proprio così. De-ve.

Due sillabe che contengono un mondo. Due sillabe che racchiudono una delle differenze fondamentali della fede cristiana rispetto alle altre: amare i nemici e pregare per loro.

E anche in questo, Gesù ci è Maestro, quando prega sulla croce perché i suoi nemici vengano perdonati.

Deve. Non “dovrebbe”. Non “può”. Deve.

Pregare per i nostri nemici è un obbligo. Un obbligo secondo solo al fatto di doverli amare.

Quanto è in salita il Vangelo. Quanto è difficile amare il coniuge che ti ha abbandonato, l’amico che ti ha tradito, l’avversario che ti opprime. E quanto è difficile pregare per loro.

Eppure, il Vangelo è così. Dice che dobbiamo amare i nostri nemici e pregare per loro.

E quindi, se dobbiamo pregare per loro, viene fuori il testo del Catechismo (a cui il Compendio si rifà) “2647 La preghiera di intercessione consiste in una domanda in favore di un altro. Non conosce frontiere e si estende anche ai nemici.”

Non. Conosce. Frontiere. Cioè, non esiste nulla che possa limitarla. La preghiera di intercessione.

Ora, poiché in Luces Veritatis diciamo sempre che la preghiera, se non entra nella nostra vita, non è preghiera, risulta ovvio che anche la preghiera per i nemici deve entrare nella nostra vita.

Ma cosa significa esattamente? Significa che dobbiamo amarli? No. Non “dobbiamo”. Perché l’amore non si fonda sul dovere, sulla costrizione. Li amiamo. Punto e basta. E preghiamo per loro.

Come dice il sacerdote di God’s not Dead nel dialogo nella chiesa “Non è facile, ma è semplice”.

Cercherò di spiegarmi meglio ma, avviso, non concluderò la spiegazione in questo post. Ce ne vorrà un altro. Ma, intanto, cominciamo.

La missione di un cristiano, la sua unica vocazione oltre alla chiamata ad amarLo, è portare gli altri a Cristo. O meglio, portare le persone ad incontrare Cristo.

Al primo incontro a Pavia di presentazione del nostro progetto, uno dei partecipanti obiettò che il nostro scopo non è quello di mettere Cristo al centro della società ma di salvare le anime. Replicai che era vero in parte, perché le anime le salva (le ha già salvate!) Cristo, non noi. All’epoca non so se sono riuscito a spiegarmi bene ma, stavolta, voglio riprovarci.

Perché le anime di salvino, devono essere portate ad incontrare Cristo. Quando questo incontro avviene, le persone possono scegliere di accettare questa salvezza o rifiutarla. Il libero arbitrio è la conditio sine qua non dell’amore. Non può esistere un amore sotto costrizione, senza libertà.

Quindi il nostro compito di cristiani è far incontrare Cristo agli altri. A tutti? A tutti. Anche a chi non crede? Soprattutto a chi non crede. Anche a chi vive nel peccato più orrendo? Soprattutto a chi vive nel peccato più orrendo. Anche a chi ci perseguita? Soprattutto a chi ci perseguita.

Anzi, Cristo ci chiede di sfruttare la persecuzione come occasione per farlo conoscere ai nostri persecutori. La persecuzione come ultima spiaggia dell’evangelizzazione.

Ma di questo parleremo in un altro post.

Luca Lezzerini

Credits: Foto di Ben White su Unsplash

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