Rocce, pietre e sassi

Giovedì scorso, 3 agosto 2023, si è tenuto il primo incontro di preghiera comunitario della comunità di Pavia. L’incontro si è tenuto a Vigevano nella bellissima cappellina della GiFra.

In questo post vorrei riportare alcune riflessioni mie personali per condividerle con tutti coloro che non erano presenti.

L’incontro, organizzato dal nostro amato don Paolo, è consistito in un’ora circa di adorazione eucaristica, con uno spazio di meditazione su un aspetto del nome Pietro, riflessione guidata dal testo dell’Angelus del Papa del 29 giugno u.s.

Essendo tale data la festa dei santi Pietro e Paolo, nel testo si è riflettuto sul significato del nome “Pietro” che, in antico ebraico, può avere tre traduzioni che sono “roccia”, “pietra” o “sasso”.

Ma passiamo a riportare il testo integrale dell’Angelus:

Oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nel Vangelo Gesù dice a Simone, uno dei Dodici: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Pietro è un nome che ha più significati: può voler dire roccia, pietra o semplicemente sasso. Ed effettivamente, se guardiamo alla vita di Pietro, troviamo un po’ tutti e tre questi aspetti del suo nome.

Pietro è una roccia: in molti momenti è forte e saldo, genuino e generoso. Lascia tutto per seguire Gesù (cfr Lc 5,11), lo riconosce Cristo, Figlio del Dio vivente (Mt 16,16), si tuffa in mare per andare veloce incontro al Risorto (cfr Gv 21,7). Poi, con franchezza e coraggio, annuncia Gesù nel Tempio, prima e dopo essere stato arrestato e flagellato (cfr At 3,12-26; 5,25-42). La tradizione ci parla anche della sua fermezza di fronte al martirio, che avvenne proprio qui (cfr Clemente Romano, Lettera ai Corinzi, V,4).

Pietro però è anche una pietra: è una roccia e anche una pietra, adatta per offrire appoggio agli altri: una pietra che, fondata su Cristo, fa da sostegno ai fratelli per la costruzione della Chiesa (cfr 1 Pt 2,4-8; Ef 2,19-22). Anche questo troviamo nella sua vita: risponde alla chiamata di Gesù assieme ad Andrea, suo fratello, Giacomo e Giovanni (cfr Mt 4,18-22); conferma la volontà degli Apostoli di seguire il Signore (cfr Gv 6,68); si prende cura di chi soffre (cfr At 3,6), promuove e incoraggia il comune annuncio del Vangelo (cfr At 15,7-11). È “pietra”, è punto di riferimento affidabile per tutta la comunità.

Pietro è roccia, è pietra e anche sasso: emerge spesso la sua piccolezza. A volte non capisce quello che Gesù sta facendo (cfr Mc 8,32-33; Gv 13,6-9); davanti al suo arresto si lascia prendere dalla paura e lo rinnega, poi si pente e piange amaramente (cfr Lc 22,54-62), ma non trova il coraggio di stare sotto la croce. Si rinchiude con gli altri nel cenacolo, per timore di essere catturato (cfr Gv 20,19). Ad Antiochia si mostra imbarazzato a stare con i pagani convertiti – e Paolo lo richiama alla coerenza su questo (cfr Gal 2,11-14) –; infine, secondo la tradizione del Quo vadis, tenta di fuggire di fronte al martirio, ma incontra Gesù sulla strada e ritrova il coraggio di tornare indietro.

In Pietro c’è tutto questo: la forza della roccia, l’affidabilità della pietra e la piccolezza di un semplice sasso. Non è un superuomo: è un uomo come noi, come ognuno di noi, che dice “sì” a Gesù con generosità nella sua imperfezione. Ma proprio così in Lui – come in Paolo e in tutti i santi – appare che è Dio a renderci forti con la sua grazia, a unirci con la sua carità e a perdonarci con la sua misericordia. Ed è con questa umanità vera che lo Spirito forma la Chiesa. Pietro e Paolo sono state persone vere, e noi, oggi più che mai, abbiamo bisogno di persone vere.

Adesso, guardiamoci dentro e facciamoci qualche domanda a partire dalla roccia, dalla pietra e dal sasso. Dalla roccia: c’è in noi l’ardore, lo zelo, la passione per il Signore e per il Vangelo, o è qualcosa che si sgretola facilmente? E poi, siamo pietre, non d’inciampo ma di costruzione per la Chiesa? Lavoriamo per l’unità, ci interessiamo degli altri, specialmente dei più deboli? Infine, pensando al sasso: siamo consapevoli della nostra piccolezza? E soprattutto: nelle debolezze ci affidiamo al Signore, che compie grandi cose con chi è umile e sincero?

Maria, Regina degli Apostoli, ci aiuti a imitare la forza, la generosità e l’umiltà dei Santi Pietro e Paolo.

La triplice traduzione ha ispirato molte delle riflessioni condivise, terminata l’adorazione, tra i partecipanti. In questo post vorrei soffermarmi su alcune mie riflessioni personali, condivise già in gran parte con gli altri fratelli giovedì scorso ma che vorrei condividere anche con voi.

La prima riflessione è molto contestualizzata: la scelta per il primo incontro di preghiera della comunità di Pavia di un brano che parla di roccia su cui poggiarsi, pietre che compongono l’edificio e sassi che ci riportano all’umiltà del nostro servizio è stata molto ispirata.

Vorrei che nel gruppo di Pavia ma anche nelle altre comunità, sia della nostra rete sia esterne ad essa, risuonasse questo triplice aspetto: noi ci fondiamo sull’unica roccia, solida, stabile, inamovibile, eterna, che è Cristo; ciascuno di noi e ciascuna comunità è una pietra del possente edificio che chiamiamo Chiesa; ognuno di noi è, alla fine delle cose, un semplice sassolino, unico nella sua forma ma al tempo stesso piccolo in confronto all’immensità di Dio.

Per cui, ricordandoci della Roccia su cui fondiamo la nostra esistenza, vorrei sottolineare la necessità che le varie pietre siano unite fortemente. Questa sottolineatura è tutt’altro che ovvia in questi tempi in cui, noi sappiamo chi, è infaticabilmente all’opera per dividere. E spesso, purtroppo, nella nostra miseria umana, noi stessi ci prestiamo a tale opera di frammentazione, non rinunciando ai nostri personalismi, ai nostri ego smisurati, alle nostre piccole macchinazioni “di potere”.

La mia prima riflessione, quindi, oggi, è di ricordarci che dobbiamo essere sempre uniti, tutti, perché nell’edifico della Chiesa, costituito da noi pietre vive, non possa entrare nessun nemico. Oggi, molto spesso, invece, queste pietre sono state divelte e sparpagliate ovunque, aprendo immense brecce dove il male entra a fiotti. E tante volte ciò è stato fatto con le nostre stesse mani.

Un altro aspetto su cui il testo dell’Angelus mi ha fatto riflettere è stato quando ha citato l’episodio del “Quo vadis”.

Andando spesso a Roma, vivendo nella provincia a sud-est, mi capita spesso di fare l’Appia, passando poi per l’Appia Pignatelli e via dicendo fino a transitare davanti alla piccolissima chiesa che, sull’Appia Antica, è stata posta a ricordare l’evento.

Secondo la tradizione Pietro (di nuovo, oserei dire) molto preoccupato per il rischio di martirio (Nerone non ci vedeva di buon occhio …), decide di andare via da Roma ma, proprio sull’Appia, in un magnifico parallelo con la conversione di San Paolo sulla via di Damasco, incontra Cristo che sta entrando nella città. Alla domanda “Quo vadis Domine”, ossia “dove stai andando Signore?”, riceve la risposta “Eo Romam, iterum crucifigi”, ossia “vado a Roma per essere crocifisso di nuovo”. Udita la risposta, Pietro capisce che il tempo della fuga è finito, inverte il suo cammino e rientra nella Città Eterna per andare incontro al supplizio che lo aspetta sul colle Vaticano.

Come ho detto, ci passo spesso davanti (anche se, ultimamente, il mio navigatore preferisce farmi passare davanti al Colosseo, il che potrebbe essere anche considerato un presagio infausto …).

La chiesa del Quo Vadis è un piccolo edificio, quasi incastrato tra altri due, in prossimità di un bivio, in un contesto urbano piuttosto squallido e mal messo a causa di lunghi muri brutti e anonimi che nascondo la meraviglia di ville e giardini tipiche di quell’area. Il tratto di strada è in sanpietrini e quindi ci si arriva dopo essere stati soggetti, per qualche km, a forti vibrazioni e rumore assordante.

Il traffico della zona è spesso congestionato ma, anche se si è in coda, sia per la confluenza del bivio da sinistra, sia per lo squallore del posto, la piccola e anonima chiesa sulla destra può sfuggire facilmente.

Eppure, molto spesso, quando la vedo, ripenso a quella frase, a quel “quo vadis?”, a quel “dove stai andando?”. Ma ci ripenso con una prospettiva completamente ribaltata: non è più Pietro che chiede a Cristo, ma Cristo che chiede a me “dove stai andando? Sei sicuro che stai agendo secondo la volontà del Padre mio?”.

E quando mi metto in questa prospettiva, mi immagino un Cristo che mi guarda dritto, e io che, muovendomi in direzione Porta S. Sebastiano, mi trovo come, di colpo, isolato dal frastuono dei sanpietrini, del traffico e dagli sciami di turisti che invado quell’area, e giro lentamente la testa, quasi ipnotizzato, fino a cadere nel Suo sguardo. Ma come lo incrocio rimango come paralizzato, e mi sento subito colpevole. Colpevole di non essermelo chiesto, prima, da solo.

Quella piccola chiesa che ricorda un evento presente solo su un apocrifo che, sebbene ripreso da Jacopoda Varazze nel suo Legenda Aurea, sarebbe rimasto in gran parte sconosciuto se Sienkiewicz non vi avesse preso l’ispirazione per il suo best-seller omonimo, ebbene, quella chiesa minuscola mi interroga su quella che dovrebbe essere l’unica vera preoccupazione di un credente: “sto facendo quello che Lui mi chiede?”.

Tante volte, invece di assecondare la volontà di Dio, ci creiamo un nostro dio, a nostra immagine e somiglianza che ci dia come sua volontà quella che è semplicemente la nostra. Tante volte ci arroghiamo il diritto di decidere noi i tempi, i modi e gli obiettivi di Dio e di spacciare questi nostre infantili bugie, quando non vere e proprie criminali menzogne, per la sua volontà.

Unico antidoto per questa enorme e devastante tentazione è la preghiera con cui chiediamo a Dio di guidarci. A quel punto la nostra risposta alla ipotetica domanda di Cristo sarà “dove tu mi vuoi”.

Lo so, ho stravolto una bellissima storia, ribaltandone completamente tutti gli elementi. Ma anche in questo sta l’immensità della Sapienza di Dio, nel veicolare messaggi completamente nuovi attraverso parole scolpite e immutate da duemila anni.

“Dove sto andando?”.

“Dove stiamo andando?”.

Signore, fa che ogni giorno

Ci poniamo questa domanda.

E che la nostra risposta sia sempre

Dove tu ci vuoi.

Amen

Grazie alle persone di Pavia e Vigevano che mi hanno permesso di condividere, insieme a loro, questo bellissimo momento di preghiera. E grazie a Dio per avercele donate.

Luca Lezzerini

Eccomi Signor, vengo a te mio Re

Che si compia in me la tua volontà

Eccomi Signor vengo a te mio Dio

Plasma il cuore mio e di te vivrò

Se tu lo vuoi Signore manda me e il tuo nome annuncerò

… Come tu mi vuoi, io sarò

Dove tu mi vuoi, io andrò

Questa vita io voglio donarla a te

Per dar gloria al tuo nome mio Re

… Come tu mi vuoi, io sarò

Dove tu mi vuoi, io andrò

Se mi guida il tuo amore paura non ho

Per sempre io sarò, come tu mi vuoi

… Eccomi Signor, vengo a te mio Re

Che si compia in me la tua volontà

Eccomi Signor, vengo a te mio Dio

Plasma il cuore mio e di te vivrò

Tra le tue mani mai più vacillerò

E strumento tuo sarò

… Come tu mi vuoi, io sarò

Dove tu mi vuoi, io andrò

Questa vita io voglio donarla a te

Per dar gloria al tuo nome mio Re

… Come tu mi vuoi, io sarò

Dove tu mi vuoi, io andrò

Se mi guida il tuo amore paura non ho

Per sempre io sarò, come tu mi vuoi

Come tu mi vuoi

Come tu mi vuoi (Io sarò)

Come tu mi vuoi (Io sarò)

Come tu mi vuoi (Io sarò)

Come tu mi vuoi (Io sarò)

Come tu mi vuoi

Come Tu mi vuoi (RNS)

Credits: Photo by Mattia Bericchia on Unsplash

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